Lo scorso weekend si è svolto il terzo dei quattro appuntamenti del corso biennale di TSD System (Taijiquan Self Defence System) tenuto dal M° Pace a Torino: dieci ore di intenso studio e pratica tra venerdì e domenica in un clima di attenzione, desiderio di apprendere e mettersi alla prova e, almeno da parte mia, con lo stupore che mi accompagna da anni ad ogni appuntamento di studio con il M°.
Dieci ore naturalmente intervallate dal consueto approccio che si riscontra nei nostri seminari: lavoro duro in pedana e nelle pause… pasti frugali, a nanna presto e mai un sorriso.
Nel caso qualcuno non conoscesse bene l’ITKA è meglio che precisi: “lavoro duro” è vero… il resto un po’ meno :-)
A 24h dal termine dell’incontro e dopo aver metabolizzato un po’ gli eventi del weekend, avverto il bisogno di fare qualche considerazione a mente fredda, perché ho la sensazione di vivere qualcosa di importante e il desiderio di condividere l’esperienza.
Il TSD è un sistema per la difesa personale; il “mercato” offre molteplici corsi e sistemi, di varia estrazione, alcuni legati a discipline tradizionali, altri più moderni e di sintesi di differenti discipline, nell’ottica ormai abbastanza consolidata di differenziare i sistemi di combattimento in arti marziali, sport da combattimento e difesa personale.
Io, ad es., non ho grandi esperienze nella difesa personale e anche se le avessi mai mi permetterei di criticare questa o quella scuola, perché è nella testa di chi insegna e di chi pratica e nei principi di studio che applica ciò che da valore ad una disciplina; come dire: una pianta meravigliosa può nascere tra i rovi e anche nel giardino più bello e curato l’erbaccia è sempre in agguato.
Di una cosa però sono sufficientemente certo: qualunque disciplina, sport, arte tu pratichi nessuno ti dirà: “sii rigido!”, “agitati più che puoi!”, “muoviti a scatti e in modo sconnesso!”, “presta attenzione ai fattori di disturbo e perdi di vista l’obiettivo!”, “esita in modo che il tuo avversario abbia il tempo e il modo di sopraffarti!”…
So che fa sorridere ma per me il discorso è serio.
Tutti possiamo condividere che una mente quieta, un’intenzione forte e un corpo rilasciato e connesso, in grado di essere e di muoversi in uno spazio e in un tempo non alterati dalla “chimica delle emozioni”, cioè dai normali processi di distorsione che si attivano nella persona sotto pressione, siano una gran bella cosa sempre e comunque, inclusi i casi in cui la pressione sia costituita da minacce, aggressioni fisiche, verbali, psicologiche ecc..
Ma quanti basano il proprio studio e pratica su questi fattori fondamentali? Quanti allenano la propria mente ad essere quieta, la propria intenzione ad essere forte, il proprio corpo ad essere rilasciato e connesso? Quanti investono il proprio duro lavoro su questo, tanto da considerare “ginnastica” lo sparring e la lotta che si esprime nel Tui Shou libero? Quanti allenano “raccogliere l’arancia”, “aggredire l’aggressore”, “tuffarsi”, “neanche un respiro” nella sistematica ricerca della quiete della propria mente?
Per il mio livello di comprensione qui è il tesoro del TSD System, ciò che rende diverso quello che in superficie può apparire simile.
Non dubito del fatto che in qualche modo si possa arrivare a maturare almeno in parte queste qualità senza un lavoro diretto su di esse; se ad es. in allenamento sei rigido vieni picchiato più facilmente, così come se hai la testa tra le nuvole, se una paura eccessiva ti blocca e così via: se il lavoro è sincero (non “titic-titoc”) devi trovare una via perché il tuo corpo sia più elastico, la mente più serena, proprio per prendere meno botte e forse solo dopo averne prese tante e non credo neanche che stimolare un’iper-aggressività come risposta all’aggressività altrui porti a risultati soddisfacenti.
Il TSD invece allena direttamente quiete della mente e distacco, che sono concetti profondissimi ed esperienziali e, proprio per questo, richiedono non tanto di essere raccontati, ma di essere esperienziati con la guida di un Maestro che più che “dirli” li “incarni”.
Lo studio cosiddetto tecnico diventa quindi nel TSD non tanto il fine della disciplina (= sequenza di tecniche attraverso le quali difendersi/offendere), quanto l’esercizio attraverso il quale lavoriamo alla realizzazione di principi profondi, finalizzati a porci in una condizione complessiva adeguata per gestire quella che prima ho chiamato pressione, dove un’aggressione da gestire è di fatto una pressione sulla persona.
Il fatto poi che tutti i sistemi di difesa lavorino su elementi più o meno simili (pugni, gomitate, immobilizzazioni, leve, calci, lotta a terra, studio delle distanze, percussioni, ecc.), è più incidentale e dovuto al fatto che siamo fatti in un certo modo (due braccia, due gambe, una testa, ecc.): se un giorno spuntasse un gruppo di umani con artigli, sei braccia e coda puntuta, sicuramente il suo sistema di difesa personale sarebbe diverso dagli altri anche in superficie.
Vorrei fare a questo punto un paragone che può aiutare a capire meglio il modo in cui pratichiamo con il TSD System, o almeno la percezione che ne ho personalmente ricavato.
Chi è padre o madre di un bimbo/a sa che il pupo è maestro nell’arte di combinarne di tutti i colori e che in uno tempo circoscritto possono emergere 100 situazioni (pressioni) in cui potenzialmente come genitori ci sentiamo di intervenire (dal no bonario alla spiegazione, dal cazziatone alla sculacciata). In questo arco si può andare dal “farle passare tutte 100” allo “sculacciare in tutte 100”, presi come estremi di un comportamento passivo/rinunciatario e, all’opposto, aggressivo e repressivo. Qual è la differenza tra una mente quieta e una agitata?
In primo luogo, una mente quieta delle 100 situazioni di pressione ne vede, diciamo, solo 60, perché 40 sono di fatto delle “non pressioni”, aria fresca, semplici eventi dovuti al fatto che il pupo interagisce con sé stesso, gli altri e l’ambiente: questi non-eventi ci turbano solo se e perché siamo già turbati.
In secondo luogo, delle 60 situazioni di potenziale pressione che rimangono, altre 30 semplicemente svaniscono, perché se la nostra mente è perturbata è come se emanasse elettricità negativa nell’aria, che attrae o viene attratta da altre fonti di elettricità generando “scosse”: una mente quieta non turba l’ambiente e non ne è turbata, lascia le cose a riposo.
Delle restanti 30, almeno 28 situazioni di pressione si sciolgono con il dialogo, il gioco, il depistaggio, che sono fattori di depotenziamento delle situazioni critiche.
Ne restano quindi solo 2 su 100 e in queste situazioni di pressione non eludibile, accidenti, bisogna essere determinati e forti, perché potrebbero essere il segnale di una stortura grave del carattere, di un pericolo imminente per il pupo, di uno smarrimento in mezzo alla folla o di altre situazioni da paura.
E la nostra forza quando si esprime al meglio: quando la paura ci paralizza?, quando il nostro corpo si irrigidisce? Quando un salto di un metro ci appare lungo un kilometro? Quando 10 secondi diventano nella nostra percezione un solo secondo? Quando la nostra visuale si stringe e tutto diventa offuscato?
Chiara la metafora?
E’ così, dopo tre incontri e più di un anno di pratica, il corso che il M° Pace ci sta proponendo comincia ad assumere anche ai nostri occhi contorni chiari e organici: comprendiamo la logica del sistema e riusciamo a collegare il lavoro e gli esercizi che ci vengono proposti ai principi che il M° intende farci studiare e allenare e il “programma tecnico” che stiamo affrontando ci si svela come un vero Sistema, focalizzato sulla difesa personale ma, allo stesso tempo, di fatto, Taijiquan in tutto e per tutto: stessi principi, dei quali sono portate in evidenza alcune sfumature necessarie e utili per focalizzare il lavoro (“raccogliere l’arancia”, “aggredire l’aggressore”, …), stesso spirito, stesso… tutto!!
Ancora due parole: ogni elemento del programma del TSD System viene praticato, per quanto è consentito al livello del singolo praticante, cercando sistematicamente un movimento continuo ed elastico, “su un punto”, con attenzione al cosa si sta facendo (schivare, colpire di pugno, calciare, proiettare ecc.) ma con grande enfasi sul come lo si sta facendo (rilasciato, continuo, nella sistematica ricerca dello “stare dentro al principio”…); questo fa sì che lo studio sia SINCERO: un pugno è un pugno, un calcio è un calcio, una spinta è spinta.
I colpi che si danno e si prendono sono rilasciati e profondi e anche quando si lavora con una certa dolcezza, si sentono (eccome..) e soprattutto si sentono più dentro che fuori: ci turbano e colpiscono le nostre emozioni, le nostre paure, sono continui e possono farci sentire senza scampo, mandarci in crisi perché pongono la nostra mente e il nostro corpo in una condizione di difficoltà / impossibilità di riorganizzarsi e ri-centrarsi: ci fanno fare esperienza e ci consentono di lavorare su di essa.
Qui comincia il lavoro più duro, quello su noi stessi e sulla nostra mente e intenzione; un lavoro che il Maestro guida con l’esempio (parlare di quiete e distacco è una cosa, vedere e sentire la quiete e il distacco è diverso…), leparole, che se ben dosate sono un nutrimento prezioso, la capacità di unire e alternare durezza e dolcezza, lavoro e leggerezza con un disegno didattico sempre mirato.
Difficile peraltro, proprio per la natura del lavoro, farsi male fisicamente, cosa che piuttosto si rischia quando si lavora con ossa che sbattono contro ossa, movimenti scomposti, aggressività “cieca”… non è il lavoro del TSD… anche se, vabbé, qualche livido lo si può mettere in conto!
Queste le impressioni al termine del terzo incontro del corso di TSD; non mi sono soffermato puntualmente sul programma didattico che il M° propone: mi riservo di farlo in un successivo intervento al termine del corso, quando si sarà chiuso questo primo cerchio. Per ora mi premeva di più comunicare l’impatto del programma, nella speranza di aver dato qualche motivazione in più a chi volesse accostarsi al TSD System, cosa che consiglio davvero a tutti!
Buona pratica
Alessandro Di Stefano
a.s.d. Taiji-To
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